PASCIANO
Gruppo di case in cima alla collina
o abbarbicate lungo il suo versante,
così ti mostri, all'occhio del viandante,
che incuriosito verso te cammina.
O pittoresco, piccolo villaggio
dai tetti rossi e dalle bianche mura
ai tuoi abitanti, dalla tempra dura,
avari di parole, ma dal saggio
parlar sommesso della gente onesta,
sei casa, patria, mondo ed universo;
sembri deserto, muto, invece verso
la sera che precede il dì di festa
esce a gruppi la gente dalle case
parlottando di campi e di lavoro
e, al suon dell'organetto, ecco coloro
che provano a cantare qualche frase
dal metro stanco e dalla rozza rima,
mentre gli altri fan circolo d'intorno
lieti di star lontano, per un giorno,
dai campi che han lasciato poco prima.
Pian piano nasce, timida e sincera,
una danza spontanea, primitiva,
che poi si fa più mistica ed arriva
al punto che rasenta la preghiera.
Ma è tardi ormai, la bocca si fa muta,
tornano i volti ad esser pensierosi,
gli occhi cercano, stanchi e premurosi,
la terra, tra le tenebre perduta.
Torna triste la gente ai focolari
ma il cuore ormai è tornato in mezzo ai campi
torna alle case, è vero, ma con ampi
sospiri, segue i suoi pensieri amari.
Pensa ognuno al lavoro, eterno, duro,
pensa alla terra, parte di se stesso,
si confida, ed il suo parlar sommesso
cessa soltanto nel giaciglio oscuro.
E tu, caro villaggio, tra le braccia
ti culli i tuoi abitanti, premuroso.
Caro villaggio, sai com'è prezioso
e onesto il loro sonno. Veglia e scaccia
ogni rumore, fa tacere il vento,
zittisci gli animali della notte,
fa che restino quieti nelle grotte,
e tacciano. Soltanto il firmamento
segua i sogni dei tuoi, l'empia di stelle,
li cosparga di polvere d'argento;
lascia ch'essi si cullino tra cento
dolci illusioni e tra speranze belle.
Fuori, resta la luna a vigilare
sui tetti rossi e sulle bianche mura,
mentre intorno la buona terra oscura
dai tanti figli suoi si lascia amare.